quinteffetto.it – un blog di fotografia – alle mostre
Tina Modotti: retrospettiva. link della mostra
Rimettere in ordine le idee dopo aver visto più di 100 foto non è di certo facile. Una cosa è certa: vedere mostre come questa fa talmente bene e talmente male allo stesso tempo che, una volta uscito, un fotografo non può far altro che chiedersi quale potrà essere il futuro della propria fotografia. Non è nemmeno facile spiegare il perché. Rimesso il berretto, affrontata la pioggia ed un’orda di fastidiosi pseudo maratoneti di città, me ne sono tornato alla quotidianità, con un colpo di luce in più sulla pellicola delle mie idee. Che provo a riassumere.
Punto Primo. Tina precorre la fotografia moderna, ma nel 1930, o giù di li.
“Sempre, quando le parole “arte” e “artistico” vengono applicate al mio lavoro fotografico, io mi sento in disaccordo… Mi considero una fotografa, niente di più. Se le mie foto si differenziano da ciò che viene fatto di solito in questo campo, è precisamente perché io cerco di produrre non arte, ma oneste fotografie, senza distorsioni o manipolazioni.” (Tina Modotti, Sulla fotografia).
A questo punto torna, senza sconti, l’ennesima disputa causa dell’attuale svilimento della fotografia, l’odierna e strafottente necessità di consegnare sistematicamente il materiale fotografico a chi ne utilizza solo la parte elettronica, a chi ha fatto della fotografia un mezzo su cui esercitare mirabolanti “photoshoppate”, agli scontornati professionisti, agli ombreggiatori di oggetti still-life, ai taglia-incollatori di brochure pubblicitarie. Tutto lecito, per carità, ma forse la fotografia è decisamente una cosa diversa. Cara Tina, devo dissentire, fossi vissuta in quest’epoca, probabilmente avresti dovuto difendere anche tu l’aspetto “artistico” delle tue foto.
Punto secondo. La temeraria Tina divide il mondo fotografico. Sempre nel 1930, o giù di li…
Ciò che è importante è distinguere tra buona e cattiva fotografia. Per buona si intende quel tipo di fotografia che accetta tutte le limitazioni inerenti la tecnica fotografica e usa al meglio le possibilità e caratteristiche che il medium offre. Per cattiva fotografia si intende ciò che è fatto, si potrebbe dire, con una specie di complesso d’inferiorità, senza apprezzare ciò che la fotografia in se stessa offre, ma al contrario ricorrendo ad ogni sorta di imitazioni. Le fotografie realizzate in questo modo danno l’impressione che l’autore quasi si vergogni di fotografare la realtà, cercando quasi di nascondere l’essenza fotografica stessa della sua opera, con trucchi e falsificazioni che può apprezzare soltanto chi possiede un gusto deviato.
Ah… beh…., non aggiungerei altro, soprattutto perché la stessa Tina, poco più in la, dichiara senza remore che (cit.) “il fotografo è il più obiettivo dei grafici”. Un vanto. Grazie.
Punto terzo. Del perché butterei nel dirupo le mie perfettissime macchine fotografiche digitali. Tocca ammetterlo: lenti, stampe, la chimica della camera oscura e le mille sfumature del nero offerte dalla fotografia analogica del tempo, non costituiscono di certo un esercizio di malsana nostalgia: le foto sono più belle, punto.
Punto quarto. Tina e i fotografi moderni.
certe volte sento che sarebbe più onesto da parte mia rinunciare a tutte le pretese e non fare più fotografia, al di fuori del lavoro puramente commerciale e dei ritratti….
A questo aggiungo la riflessione fatta dalla stessa autrice sul tema della difficile scelta tra il voler fotografare la vita reale con una macchina pesante ed ingombrante da trasportare, oppure con una macchina leggera ma tecnicamente meno valida. Dilemma. Tina sceglie comunque la macchina migliore, pesante ed ingombrante, al costo di produrre delle foto mosse, meno precise.
Un nodo al fazzoletto: devo vedere una mostra di qualche fotografo moderno. Ho la strana sensazione che ormai, una volta svenduta la fotografia al mondo mediatico fatto di modelle ceramiche, ombre applicate e trame rifatte di tessuti, l’unico sbocco espressivo, per un fotografo, sia la componente realistica o cronicistica delle immagini. Di certo non mancano né guerre né super-comunicativi sguardi di bimbi delle aree più povere del pianeta, ma davvero l’arte fotografica è pronta a morire così, senza combattere, di fronte alle elaborazioni computeristiche? Risponderò. Promesso.
Tina Modotti, retrospettiva, da vedere assolutamente, da consigliare senza dubbio.
Mi scuso per non aver preso in considerazione tutti gli aspetti socio-politici della vita di Tina, di cui la mostra racconta molto, ma se devo essere sincero trovo che l’aspetto del racconto degli avvenimenti vissuti dalla stessa fotografa non sia poi così coinvolgente, trovo che le foto della Modotti che ho visto, relative a movimenti popolari e politici, fossero un po’ “distaccate”. Non mi hanno dato l’impressione di un fotografo “dentro” la situazione, calato nella realtà, ma di un cronista che “racconta” un avvenimento, protetto dal mestiere, distante. Di certo so che i limiti tecnici di 100 anni fa non consentivano scatti veloci, grandangolari, dinamici e spettacolari, non critico di sicuro l’operato di una fotografa così espressiva, pertanto mi limito ad osservarne il lavoro finale.
Avessi la possibilità avviserei tutti gli appassionati di fotografia, consiglierei a tutti di andare a vedere questa mostra.
Sorrido alle coincidenze del giorno:
1) Gianni Canton, proprio oggi, ha comprato un libro di ritratti fotografici che gli invidierò fino al giorno in cui sarò costretto a comprarlo, uguale.
2) Chiara Lorenzoni, amica lontana, non fotografa ma dotata di particolare occhio per le immagini che, proprio oggi, mi chiede un consiglio per l’acquisto della sua prima reflex. Alla domanda sulla caratteristica principale richiesta da una macchina digitale, Chiara risponde in modo adorabilmente preciso: la vuole piccola e trasportabile, le serve documentare velocemente, ovunque e continuamente. Grande risposta. Sorprendente!!! Per me sei una fotografa al 100%….
3) Tino, ironia del nome ed ironia nella data di apprendimento della sua dipartita. Tino Correra era un curioso fotografo della mia città, conosciuto quasi per caso, con cui ho dibattuto nel luogo più naturale per degli amanti della fotografia: la strada. Ciao Tino.