In questo articolo: Dio, Robben Ford, Dario Volpi e Gianni Canton. Lo so, sono un visionario!
Lo penso da sempre, musica e fotografia sono esattamente la stessa cosa: il meglio di entrambe succede in un istante in cui hai gli occhi chiusi.
Era il 30 Maggio 2009, un workshop con Dio costò 200 euro. Non mi posi nessuna domanda: dare soldi, vedere Dio. Affare fatto.
Dio è alto come me, molti capelli fluenti. Una testa decisamente più grande. Dio è americano, adora il prosecco, l’Italia (ma forse traspone questa preferenza in ogni luogo in cui appare), il cibo italiano ed alcune parole della nostra lingua, tra cui “luce”. Fa notare che nella sua lingua “light” significa “luce” ma anche “leggero”, lo ascolto e penso che si tratti di una simpatica coincidenza. Non l’analogia tra i termini, ma il fatto che Dio, ad oggi considerato uno dei migliori chitarristi jazz-blues del mondo e mio idolo da moltissimi anni, parlasse in qualche modo di un argomento legato alla luce. L’avrei abbracciato. L’ho comunque fatto, ma in un secondo tempo.
Dio è Robben Ford, musicista di cui ho sfruttato i libri di metodo, che ho studiato in ogni modo possibile, autore di dischi su cui ho suonato per ore, idolo che ho seguito in molti concerti italiani, anche relativamente distanti dalla mia città. Dio non sarà bellissimo, ma ha quella presenza da star che ti toglie comunque il fiato. Non lo conoscessi, incontrandolo per strada mi accorgerei comunque che si tratti di “qualcuno”.
Dio quel giorno disse, a suo modo, di non fargli foto, di non vederlo come un maestro, di dimenticarci (eravamo 10 persone) per un giorno di chi fosse in realtà, ma di considerarlo uno di noi, uno con cui studiare insieme, un compagno di lavoro, uno con le mani sporche. Come noi.
8 ore con Dio, e ti senti un angelo. Succede veramente. Finito quel master avrei voluto tornare a casa e…. non so…. non sapevo. Ma mi sentivo super. Credevo di sapere molte e molte cose di più. Era vero.
Ero un chitarrista migliore, un fotografo più bravo, più completo. Sono cresciuto in un giorno. Forse le divinità servono a questo.
Lo dico a te, che insegni fotografia o musica, lo dico perchè oltre a Dio me l’ha dimostrato un mio grande maestro musicista (Dario Volpi, Dio ti benedica. Scegli tu quale.), lo dico a te che hai questa meravigliosa responsabilità: insegna la cosa giusta e spiega sempre il tuo “perchè”.
Chiamalo romanticismo, chiamala poesia, chiamala onirica controtendenza, quel giorno Dio e per lunghi anni Dario mi insegnarono che “la tecnica” è importante come il sale nella pietanza che ami. Importante, si, ci vuole sicuramente, ma non puoi servire un piatto di sale ben presentato, non puoi mangiare sale, non puoi vivere di sale e della sua importanza, non puoi predicare l’essenza del sale e diffonderne ovunque.
Quel giorno, sebbene contornato di discepoli che chiedevano a Dio cose noiose come spessori di corde, marche di chitarre, tecniche con nomi che tutt’ora ignoro e consigli sull’utilizzo di oggetti a me sconosciuti, tutte cose che annoiavano lo stesso Dio, presi il coraggio che non avevo ed aprii la bocca….ricordo, fu subito dopo che un tizio alzò la mano per chiedere cose riguardanti alcuni effetti che non ho mai più sentito nominare, proposi il mio stupido quesito a cui Dio rispose, prima di tutto, ringraziandomi. Poi scagliò una freccia infuocata che colpì i miei vicini, disse che odiava l’idea che la gente si concentrasse tanto per fare “le cose come lui”, come suonare le stesse frasi, usare gli stessi mezzi, imitare le modalità….ma tanto nessuno capì, e mi godetti la mia risposta.
“Signor Dio, cosa succede all’interno del suo mondo, quando chiude gli occhi, lassù, sul palco? Vede delle note? delle scale? Pensa alla costruzione del pezzo? Sogna?”. Il traduttore, inutile in quel caso perchè il mio inglese risultò inspiegabilmente efficace (ero talmente ispirato che superai in un istante la soglia del “cat-is-on-the-table”), mi guardò come fosse interdetto, con quello sguardo che dice “adesso ti uccide o ti amerà per sempre”….
Dio Robben Ford chinò per un attimo la testa, riassunse i pensieri e mi ringraziò. Azzardò un’ipotesi. Disse “tu sei uno che studia, e lo fai nel modo che preferisco, bravo”. Alcuni professionisti del soccorso mi fecero rinvenire in tempo per sentire il resto del discorso: quando Dio chiude gli occhi, lassù, visualizza se stesso in una stanza, senza vestiti, libero di saltare sul letto, disegnare sui muri, correre, urlare, dare di matto, piangere, ridere, sconnettersi.
A questo penso quando navigo su forum di fotografia, a quando mi imbatto in quella coltre di pensieri offuscati da filtri, lenti, oggetti meccanici, corsi che promettono valide formule e successi d’immagine, definizioni di stile. A questo ho pensato quando ho letto di un workshop in grado di insegnarti la tecnica dello Street Photography, proprio partendo dalla “sua definizione”. Ha una definizione? Oddio, io non lo sapevo… Gianni Canton, grandi fotografi tutti, aiutatemi voi. Esiste una definizione anche per altre forme di fotografia? Cos’è un ritratto? E un paesaggio? C’è una formula per garantirsi di stare negli standard definiti?
A te che insegni, a te che trasmetti, a te che provi ad appassionare le persone che hai davanti. Ti prego. Ascoltati.
P.S.: a breve uscirà il prossimo disco di Robben Ford, invece l’ottimo Dario Volpi continua la propria variegata attività concertistica e didattica, io e Gianni Canton nei prossimi giorni terremo un workshop fotografico sul ritratto. Ce la faremo?
Beh, che Dio ci benedica.
Alvise Garbin, per quinteffetto.it, blog di fotografia